La simbiosi industriale può favorire l’applicazione di modelli per lo sviluppo dell’economia circolare? Se si guarda agli esempi realizzati in Europa, la risposta è affermativa. La creazione di una rete di scambio delle materie prime tra industrie diverse ha favorito il riciclo delle stesse. Una best practice che favorisce la rigenerazione delle risorse secondo i principi della sostenibilità economica e ambientale. Un modello su cui il nostro Paese deve puntare per il raggiungimento degli obiettivi previsti dal Green Deal europeo.
Cos’è la simbiosi industriale
La simbiosi industriale è un modello organizzativo che prevede il raggruppamento di industrie, anche appartenenti a settori diversi, finalizzato allo scambio di risorse. Il principio alla base è che ciò che è scarto per l’una diventi risorsa primaria per l’altra. Per farlo, è necessario che le industrie aderenti siano raggruppate in “distretti” ad una distanza utile perché lo scambio sia efficiente e sostenibile dal punto di vista economico e ambientale. Dal punto di vista normativo (d.lgs. 112/98), le aree per lo sviluppo della simbiosi industriale sono identificate come Aree Produttive Ecologicamente Attrezzate (APEA). Per rientrare in questa codifica, devono essere “dotate delle infrastrutture e dei sistemi necessari a garantire la tutela della salute, della sicurezza e dell’ambiente”. Per attivare la simbiosi industriale, si possono utilizzare due modelli organizzativi:
- approccio «locale» in cui si inseriscono i distretti di simbiosi industriale e gli eco-industrial parks;
- approccio «diffuso» in cui si inseriscono le reti di simbiosi industriale che fanno leva su piattaforme di condivisione SaaS e software ERP comuni intra-aziendali.
Quando si opta per l’approccio locale, si sta creando una rete tra aziende territorialmente contigue così da chiudere i cicli produttivi in modo efficiente anche dal punto di vista logistico.
In entrambi i casi, le aziende possono condividere e riutilizzare, tra loro, risorse, energie, scarti e competenze.
Gli esempi in Europa
Uno dei casi più emblematici e conosciuti di simbiosi industriale è quella dell’eco-parco di Kalundborg in Danimarca. Nacque spontaneamente a partire dagli anni ’60 per necessità endogene. Il progetto ha visto il coinvolgimento di cinque imprese diverse tra loro più l’amministrazione locale. Inizialmente, la simbiosi era rivolta al solo approvvigionamento delle risorse idriche ma, con il passare del tempo, iniziarono i primi scambi di materiali e risorse energetiche. Nel 1996 nacque il Kalundborg Symbiosis Center, un cosiddetto “matchmaker” per fronteggiare i problemi di gestione, coordinazione e allargamento della rete di simbiosi con nuovi partecipanti. Nel 2015, inoltre, è stato fondato il Symbiosis Center Denmark con lo scopo di favorire l’economia circolare attraverso la ricerca di potenziali cooperazioni tra impianti, favorendo gli incontri tra diverse società e facendo da mediatore per portare a termine gli accordi.
Il secondo caso di successo lo troviamo in Francia, a Dunkirk, dove si trova un’area altamente industrializzata. Qui, nel 2001, nasce la fondazione Écopal con l’obiettivo di promuovere progetti di economia circolare in un’ottica di riduzione dell’impatto ambientale dei processi produttivi. Grazie al modello di simbiosi, oltre al risparmio economico e ambientale generato dallo scambio di risorse, si è riusciti ad avere informazioni su input e output di materiale da 147 società diverse, corrispondenti a informazioni su 5000 flussi di materie prime, energia, rifiuti, sottoprodotti e liquami.
Simbiosi industriale: a che punto siamo in Italia
Da circa dieci anni ENEA ha avviato lo sviluppo e l’implementazione di un modello di rete di simbiosi industriale. Per farlo, ha elaborato una metodologia di supporto alle imprese che si divide in tre fasi:
- una prima fase di analisi del contesto produttivo e attività di networking per la promozione della simbiosi industriale;
- una seconda fase che comprende l’organizzazione di workshop con le aziende così che l’ENEA possa identificare le possibili sinergie attivabili integrandole con la piattaforma Symbiosis;
- una terza fase di incontro e consultazione tra le aziende coinvolte, ENEA e altri selezionati stakeholder per discutere la fattibilità e le diverse caratteristiche per l’implementazione delle pratiche di simbiosi.
In questo modo, ENEA ha potuto realizzare una serie di progetti in varie regioni italiane. Il primo progetto di simbiosi industriale è stato realizzato in Sicilia coinvolgendo 100 aziende di settori produttivi differenti. In questo modo sono stati creati diversi percorsi di simbiosi: tre nell’ambito della bioeconomia circolare per favorire la produzione di energia, di mangime zootecnico e compost da scarti agroalimentari; un quarto percorso nel settore delle costruzioni per favorire il riutilizzo dei limi di segagione in sostituzione degli aggregati naturali. A seguire, sono stati realizzati progetti in altre regioni italiane: in Emilia-Romagna il Green-Simbiosi industriale, nel Lazio nell’Area di sviluppo industriale di Rieti-Cittaducale, in Lombardia con il Progetto CREIAMO.
Ad oggi, sono attivi circa 30 progetti di simbiosi industriale dislocati sul territorio nazionale. Una green best practice che sta prendendo sempre più piede nel nostro Paese. Un modello di gestione organizzativa delle risorse su cui puntare per favorire la sostenibilità economica e ambientale in un’ottica di sviluppo della competitività industriale.
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