La Cop 27 di Sharm el-Sheikh ha ereditato gli esiti, non dirimenti, della Conferenza precedente tenutasi a Glasgow. Iniziato già da una settimana, l’evento globale organizzato dalle Nazioni Unite ha evidenziato, da subito, le criticità afferenti al tema della crisi climatica. L’assenza di nazioni come Cina, India e Russia, grandi produttori di emissioni di CO2 rilasciate in atmosfera, potrebbe segnare il risultato della Conferenza.
Come ricorda l’ex ministro Cingolani, consigliere per la transizione ecologica del nuovo governo in carica, “l’Italia produce meno dell’1% del gas serra planetario, l’Europa meno del 9%, per cui basta che un Paese come l’India o la Cina non si allinei ed ecco che – poiché loro di gas serra ne producono tra il 20 e il 25% – qualunque sforzo facciamo la risposta sarà vanificata”. Nonostante le scuse di Biden per le scelte fatte, dall’amministrazione precedente, sul tema degli Accordi di Parigi e le promesse di raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni entro il 2030, si corre il rischio di veder vanificati gli sforzi messi in atto sino ad oggi.
Tra crisi energetica e conflitto in Ucraina, l’instabilità delle relazioni geopolitiche tra i Paesi fa il conto con la realtà dell’emergenza climatica. Il rischio è di non riuscire a portare avanti dei negoziati che possano contribuire a contrastare, efficacemente, il climate change.
Cop 27: l’approccio dell’UE
Il Consiglio europeo ha definito, il 24 ottobre, la posizione da mantenere in occasione della Cop 27. Coerentemente con i piani già adottati (Green Deal e Fit for 55), l’UE conferma l’importanza di un’azione collettiva, decisa e lineare, finalizzata al raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni previsti dall’Accordo di Parigi. Per farlo, riconosce la necessità di un impegno maggiore da parte dei Paesi membri: sono tutti invitati a rivedere i propri NDC (Nationally Determinated Contribution) allineandoli alla posizione collegiale raggiunta in vista della Cop 27. Consapevole delle complessità contigue connesse alla crisi energetica in corso, invita gli Stati membri ad intensificare gli sforzi di adattamento per l’eliminazione dei combustibili fossili interrompendo ogni genere di supporto statale che ne sovvenzioni l’estrazione (ad oggi, i finanziamenti ai combustibili fossili, nell’UE, ammontano a circa 55-58 miliardi di euro).
Crisi energetica: le soluzioni dell’UE
La crisi energetica, innescata dalla guerra in Ucraina, ha mostrato le debolezze energetiche, ed economiche, dell’Unione europea. La dipendenza dai combustibili fossili e, di fatto, da Paesi esterni come la Russia, ha messo a rischio le economie dei Paesi membri dell’UE. Lo scenario che, per mesi, si è profilato e che, tuttora, ha delle ripercussioni negative sul sistema industriale ha visto un rallentamento della crescita del PIL dei Paesi coinvolti con una conseguente contrazione economica.
Per porre un freno alla crisi e alla speculazione sul costo dell’energia, l’Unione europea ha definito una serie di proposte condivise da tutti gli Stati membri: introduzione di un price-cap e adozione di un piano per la digitalizzazione del sistema energetico.
Price-cap e sicurezza energetica nell’UE
Con la Comunicazione su Emergenza energetica – preparare, acquistare e proteggere l’UE insieme, l’Unione europea ha presentato tre misure essenziali per affrontare la crisi energetica e ridurre la dipendenza energetica:
- aggregare la domanda dell’UE per l’acquisto in comune del gas così da negoziare i prezzi migliori evitando che gli Stati membri entrino in concorrenza tra loro;
- avviare la creazione di un nuovo valore di riferimento per il prezzo del Gnl;
- introduzione di nuove regole di solidarietà tra gli Stati membri estendendo l’obbligo di solidarietà, in caso di carenze di approvvigionamento, anche agli Stati membri privi di collegamenti diretti mediante gasdotti.
L’insieme delle soluzioni proposte renderanno più stabili i mercati europei del gas anche negli anni successivi.
Piano per la digitalizzazione del sistema energetico nell’UE
Per favorire il processo di transizione green, ad integrazione delle soluzioni previste per calmierare gli effetti della crisi energetica, la Commissione europea ha stilato un piano per la digitalizzazione del settore energetico. Partendo dall’assunto che l’empowerment dei consumatori sia fondamentale per coinvolgere i cittadini nel processo di consapevolezza e riduzione dei consumi energetici, l’UE ha previsto una serie di misure da mettere in atto nei prossimi anni:
- aumentare il controllo sui consumi energetici grazie a nuovi strumenti e servizi digitali;
- controllare il consumo energetico del settore delle Tecnologie dell’Informazione e Comunicazione implementando un sistema di etichettatura ambientale per i centri dati e un’etichettatura energetica per i computer;
- rafforzare il sistema di cibersicurezza delle reti energetiche.
L’Europa, nonostante la crisi energetica e geopolitica in corso, conferma il suo piano in favore di una transizione energetica che superi gli Accordi di Parigi favorendo il raggiungimento degli obiettivi, al 2050, di net-zero emissions. Operazione, sicuramente, non semplice viste le attuali complessità di approvvigionamento energetico e la reticenza, di alcuni Paesi membri, nel favorire le energie rinnovabili disincentivando i combustibili fossili. Ciononostante, è l’unica opzione possibile. Solo l’applicazione di una strategia comune che verta sull’abbandono del gas può, realmente, liberare il Continente dalla dipendenza energetica. Solo così sarà possibile costruire un’economia solida e resiliente.