La ventottesima Conferenza delle Nazioni Unite sul clima si è tenuta, quest’anno, a Dubai. I lavori, iniziati il 30 novembre, si sono conclusi solo da pochi giorni. Come ogni Conferenza sul clima, anche la Cop28 è stata seguita da critiche da parte dei movimenti ambientalisti e non solo. Aldilà di questo, nonostante sia stata ospitata proprio da uno dei paesi produttori di petrolio, ha, comunque, raggiunto un importante risultato: l’Accordo sul primo Global Stocktake.
Cos’è il Global Stocktake
L’art.14 degli Accordi di Parigi del 2015, prevedeva l’implementazione di un meccanismo di verifica degli obiettivi climatici prefissi. In pratica, la Conferenza delle Parti si impegnava a verificare “periodicamente l’attuazione dell’Accordo al fine di valutare i progressi collettivi compiuti verso la realizzazione dello scopo per cui esso è inteso e dei suoi obiettivi a lungo termine”. Per farlo, si sarebbe dovuto redigere un bilancio globale: il Global Stocktake.
Questo bilancio, in pratica, serve a valutare, a livello globale, il raggiungimento i progressi raggiunti in relazione alla crisi climatica così come previsto dall’Accordo di Parigi. Grazie a questo sistema di controllo collettivo, è possibile stabilire anche le correzioni da apportare grazie alla valutazione dei progressi fatti nell’ultimo lustro. Alla base del meccanismo c’è l’attività portata avanti dall’UNFCC che, in collaborazione con altri enti non statuali, deposita le proprie valutazioni sui progressi fatti per contrastare il cambiamento climatico.
Il Report dell’UNFCC per il Global Stocktake
Il rapporto tecnico elaborato dall’UNFCC ha fornito le informazioni necessarie per l’elaborazione del primo Global Stocktake durante la Cop28. Nello specifico, ha dato indicazioni chiare sullo stato di fatto e su quanto è necessario fare per mantenere fede agli obiettivi prefissi con l’Accordo di Parigi. Per l’ONU, siamo fuori strada su tutti i fronti per non superare gli 1,5°C.
Oltre a ribadire che le emissioni globali devono calare del 43% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2019, il documento specifica che i tagli devono raggiungere -60% nel 2035. Molto importanti le indicazioni fornite dall’UNFCCC su come performare gli obiettivi di riduzione delle emissioni.
Un punto cruciale è inserire, nei contributi nazionali volontari che gli stati devono depositare all’organismo ONU almeno ogni 5 anni, degli obiettivi espressi in termini di riduzioni assolute delle emissioni invece che, come molti fanno, in termini di riduzione dell’intensità emissiva rapportata al PIL. In questo modo si avrebbero tagli veri.
Ci sono poi alcuni suggerimenti di nuovi obiettivi globali per raddrizzare la rotta. I tre più importanti sono stati al centro dei negoziati di Dubai.
Gli obiettivi del Global Stocktake
Gli obiettivi del Global Stocktake possono essere classificati in tre categorie:
- mitigazione;
- adattamento;
- finanza per il clima.
I primi, si riferiscono al taglio delle emissioni di gas serra. Per quanto riguarda gli obiettivi di adattamento, il testo fornirà informazioni sull’incremento della resilienza contro gli effetti già in atto del climate change. Infine, l’ultima categoria raccoglierà le informazioni sui flussi finanziari e sulle modalità di supporto, in termini di capacity-building, ai paesi in via di sviluppo e a quelli più colpiti dagli effetti del cambiamento climatico.
Ogni paese potrà utilizzare i dati raccolti nel Global Stocktake per aggiornare e migliorare le proprie azioni di contrasto al climate change, oltre che contribuire a “rafforzare la cooperazione internazionale in materia di azioni per il clima”.
Cop 28: accordo sul primo Global Stocktake
La Cop28 si è conclusa, il 13 dicembre, con un risultato inatteso. La Conferenza, guidata dal petroliere Al Jaber e ospitata da uno dei maggiori paesi produttori di petrolio, ha superato, in parte, le aspettative. Infatti, anche se piccolo, l’Accordo di Dubai ha segnato un punto di svolta. Per la prima volta, è stato inserito il riferimento ai combustibili fossili anche se, purtroppo, non nei termini di phase out. Le trattive, protratte per due giorni, hanno portato ad una soluzione linguistica più diplomatica e meno incisiva, anche nei fatti. Nel testo, si fa riferimento ad una transition away ponendo l’accento sulla necessità di intervenire, già da questa decade, per raggiungere l’obiettivo di net-zero emission al 2050.
Il testo dell’Accordo riconosce “che è necessario limitare il riscaldamento globale a 1,5°C senza superarlo o con un superamento limitato” e che questo “richiede riduzioni profonde, rapide e durature delle emissioni globali di gas serra pari al 43% entro il 2030 e al 60% entro il 2035 rispetto ai livelli del 2019, raggiungendo zero emissioni nette entro il 2050”. Il picco massimo di emissioni di carbonio dovrà essere raggiunto entro il 2025, ma si lascia un margine di manovra a singoli Paesi, come la Cina, per raggiungere il picco più tardi.
Per quanto riguarda le altre azioni, restano quella di “triplicare la capacità di energia rinnovabile a livello globale e raddoppiare l’efficienza energetica entro il 2030”. Ora, non resta che lavorare, insieme e seriamente, per attuare le buone intenzioni, non vincolanti, espresse nell’accordo.
Nel mentre, tutti noi siamo chiamati ad agire, come imprese e cittadini, per far sì che l’obiettivo di net-zero emission sia raggiunto. Il prima possibile.